“Repetita iuvant” dicevano i latini…forse, però, si dovrebbe sempre distinguere chi siano i destinatari inondati dalle parole ripetute, soprattutto se l’obbiettivo della trafila sia la categoria professionale alla quale appartengo, i massofisioterapisti.
L’ennesimo episodio di offesa si è manifestato qualche settimana fa: la cronaca ragusana online ha denunciato l’abuso professionale di un massofisioterapista che si spacciasse per fisioterapista ed eseguisse quindi trattamenti non conformi alla propria formazione, all’interno di una struttura ambulatoriale, anch’essa definita abusiva, in quanto non avesse i requisiti di legge per fornire servizi.
Posso affermare con assoluta certezza, da fonti attendibili, che il soggetto in questione NON sia un massofisioterapista.
Al di là degli immancabili momenti di livore, ira, delusione e desolazione ho preso consapevolezza di aver nutrito ulteriormente il mio “callo”, così ormai ben strutturato, rafforzato ed unico che i nuovi autori di Godzilla hanno pensato di ispirarsi a me e ad altri colleghi per prendere spunto sulla sua attuale ricostruzione.
Ai massofisioterapisti certe parole, aggressive, offensive e ripetute non aiutano e non giovano! Ciò non significa che non si produrranno sforzi per smentire il contenuto della notizia e riportare verità sulla vicenda, ma la sbadataggine (leggasi pressappochismo e superficialità!) di chi ha scritto l’articolo non ha scalfito più di tanto una corazza che ormai è abituata a sopportare attacchi vili e vessazioni da oltre 20 anni. Personalmente mi ritengo un “privilegiato”, perché ho conosciuto il primo attacco all’inizio del secondo anno di studi. Nel lontano 2000 infatti, alcuni fisioterapisti impugnarono l’apertura del mio corso davanti al Tar ed ottennero la sospensiva, cosicché altri colleghi ed io dovemmo trasferirci a Perugia per ultimare, con un costo di ben 12 milioni delle vecchie lire, il nostro percorso formativo. Da allora, nonostante la conclusione della formazione ed il conseguimento dell’agognato diploma, si sono succeduti, senza soluzione di continuità, sistematici attacchi alla nostra professione, al suo riconoscimento giuridico, alla sua validità nazionale e regionale e alla sua idoneità formativa.
Dal 2001, da quando ho iniziato a lavorare come massofisioterapista, non c’è mai stato un anno in cui, per una ragione vecchia o nuova, non abbia vissuto emozioni di instabilità, di aleatorietà o di precarietà per il mio impiego, tutte dovute all’azione congiunta di figure istituzionali o professionali ostili al mio e al nostro proseguimento lavorativo. Benché talvolta venissi rassicurato da alcune sentenze giuridiche a sostegno della categoria, capii da subito che si trattasse di una guerra di logoramento, le cui battaglie da trincea si sarebbero svolte su molteplici piani: politico, istituzionale e comunicativo.
Col tempo ho compreso che non serva più prendersela con qualcuno, con chi a turno ci vitupera e vuole vederci (s)finiti, non basta, non porta a nulla! Non serve additare il nemico e screditarlo con le stesse offese verbali con le quali si rivolga a noi. Ben vengano tutte le sigle che raggruppano le varie associazioni il cui obbiettivo è tutelare e proteggere i nostri interessi. Ma se vogliamo fare ed essere una vera ed unica squadra, dobbiamo uscire allo scoperto ora , mettendo noi stessi al centro del gioco, in prima persona. Solo riconoscendo il nostro ruolo di pedina indispensabile alla causa comune, consentiremo alla squadra di raggiungere un risultato, a prescindere da quale allenatore o metodo si voglia utilizzare. Basta delegare ad altri il compito! Basta far vincere il qualunquismo del “tanto non cambia mai nulla”! Democrazia è impegnarsi a far riconoscere e garantire i propri diritti. Dedichiamo davvero del tempo alla nostra professione: amiamola, informiamoci, documentiamoci, discutiamo, confrontiamoci! Solo così potremmo dire di essere stati artefici del nostro destino. Ultimamente ho piacevolmente conosciuto nuovi colleghi che mi hanno confermato che la battaglia si inizi a combatterla uscendo allo scoperto in carne ed ossa, mostrandoci ed esponendoci al nemico, senza paura, con nuove convinzioni, metodi e strategie. Se non siamo contenti di qualcosa riguardanti un’iscrizione o una decisione, oltre a condividere l’emozione o la lamentela su un social, attiviamoci concretamente!!! Pensiamo forse che il TSRM, organo al quale siamo stati “invitati” ad iscriverci per tutelare la nostra professione ad esaurimento, faccia poco o nulla? Scriviamo una mail e lamentiamoci! Non stiamo con le mani e mano! Non rispondono? Scriviamone 2, 3, 10, 100, con altri 50 colleghi! Facciamo “rumore”, non possiamo limitarci a solidarizzare sulle ferite riportate e a leccarcele comunemente come animali in attesa dell’estinzione. Le elezioni politiche si vincono anche grazie alla campagna porta a porta; allora adoperiamoci per stanare gli ultimi titubanti e forniamo loro l’informazione dovuta! Siamo stati circa 680 su quasi 4000 ad esporci con una causa comune al Tar del Lazio, dove sono i restanti??? Impegniamoci a raggiungerli e a convincerli che l’adesione in Appello al Consiglio di Stato serva semplicemente per restare “in vita” e che la prossima battaglia potrebbe essere l’ultima. Tutto ciò è più che opportuno se non indispensabile. Perché la professione di massofisioterapista non ci fa solo guadagnare, ma ci fa “vivere”, nella favolosa bellezza che la vita, nelle sue sfaccettature, si presenta alla nostra straordinaria unicità.
Gianni Leonini